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mercoledì 28 maggio 2014

Quali compiti per un blogger creatore di vera consapevolezza a Siena?

Quando una comunità, che possiede un’immagine di se stessa fortemente positiva ed idealizzata, viene colpita da una grave crisi, ha due possibili strade da percorrere. 







La prima, assai patologica e rischiosa, è quella di continuare a credersi esemplare, attribuendo la colpa della propria inaspettata decadenza politica e morale esclusivamente ad un gruppo di cospiratori, percepiti, a seconda dei casi, come provenienti dall’esterno, come elementi di recente integrazione, o ancora come soggetti interni ma che propongono comportamenti traditori e sleali nei confronti di un indiscutibile modello di purezza e probità consolidato nei secoli. 
La seconda strada, decisamente più sana, è invece quella di iniziare a farsi dei discorsi davvero scomodi, a chiedersi se quelle che si ritengono le proprie eccellenze siano veritiere o non costituiscano piuttosto l’effetto di rappresentazioni della realtà interessate e parziali che, diffondendosi attraverso un formulario assunto in modo passivo ed altrettanto acriticamente trasmesso da una generazione all’altra, finiscono per costringere la complessità e la contraddittorietà del reale entro schemi troppo spiccioli e semplificatori. 
Schemi che rendono debole, aggredibile e facilmente raggirabile quella comunità che se ne alimenta e che li ha scambiati, e forse continua a scambiarli, per punti di forza anziché di vulnerabilità.
Purtroppo a Siena, città colpita nell’ultimo biennio da scandali di vario genere e dalla crisi irreversibile di istituzioni ritenute inaffondabili, è stata senza dubbio privilegiata la prima di queste due strade, soprattutto quando si è trattato di passare dalla sacrosanta fase della denuncia delle storture e delle condotte immorali che hanno prodotto i singoli disastri cittadini, alla seconda fase della rielaborazione di questi dati negativi e di una loro possibile spiegazione ed interpretazione. 
Basterebbe pensare, in questo senso, all’operato di blog cittadini come L’eretico, Il Santo o lo stesso Wiatutti. 
Da una parte è assolutamente doveroso sottolineare il coraggio e la lungimiranza che ha portato tali blog a denunciare, ben prima che i grandi media si occupassero della crisi di Siena e nel silenzio imbarazzante dei media locali, il groviglio di poteri forti capaci di mettere in ginocchio la città, esponendola al ludibrio nazionale ed internazionale. 
Per altro verso, però, a due anni di distanza, è lecito anche chiedersi se questa denuncia, che tuttora prosegue, abbia effettivamente determinato nella popolazione nuovi modi di percepirsi, di ripensarsi e di agire nel presente, quindi, in una parola, se sia stata realmente emancipativa o se, al contrario, abbia finito per incentivare (ovviamente in modo del tutto indipendente dall’intenzionalità del blogger) forme regressive di voyeurismo passivo da social-network degli scandali e delle malversazioni.
Ci sembra infatti che una delle involontarie conseguenze innescate dai blog senesi di denuncia sia stato, alla lunga, proprio quello di passivizzare i propri lettori. Lettori che, delegando pressoché per intero ai vari blogger, il mandato della denuncia e del dissenso, si sono in questo modo sgravati dal compito di perseguire in prima persona una precisa battaglia culturale e politica capace, se non di cambiare le cose, quanto meno di aggiornare la media dei cittadini, di renderli più combattivi e consapevoli, di far loro rifiutare quel sistema di clichés in cui da decenni si cerca di rinchiuderli e di esaurirli. 
Insomma, più che motore di una presa di coscienza, i diversi blog controcorrente hanno finito per porsi come luogo di denuncia spettacolare della crisi, frequentando il quale la popolazione ha potuto ricostruire una sorta di romanzo con il suo corollario ben definito di personaggi corrotti e miserabili, indegni e traditori, avendo il vantaggio psicologico di sentirsi sempre altra rispetto ad esso; assolvendosi completamente rispetto al processo degenerativo che ha coinvolto la città e sentendosi migliore solo per il fatto di esserne spettatrice coinvolta ed indignata. 
Il carisma e la forte individualità di chi ha proposto la denuncia, insomma, ha finito forse per inibire l’intervento attivo di coloro che la denuncia avrebbe dovuto risvegliare; il livello di indignazione con cui la gente ha seguito lo svolgimento della denuncia è stato inversamente proporzionale alla loro disponibilità a rimettersi in discussione ed a verificare quegli elementi della propria identità che forse hanno intrattenuto relazioni di complicità, più o meno consapevole, con i propri carnefici. 
Perché se è certo che il nostro territorio abbia subito e continui a subire un attacco, ed in questo senso i resoconti dei blogger nostrani sono coraggiosi e puntuali, il problema che, a nostro avviso, sarebbe a questo punto lecito sollevare è come esso possa essere difeso da questo attacco. 
Quali potrebbero essere a questo proposito le proposte, le strategie, la tattica da seguire.
Assai modestamente, ci permetteremmo di suggerire che un possibile punto di partenza potrebbe consistere in un profondo ripensamento di quel rapporto tra passato e presente che in modo acritico ed automatico costituisce le identità di gran parte dei senesi.
Proprio così, la nostra comunità dovrebbe cominciare innanzitutto a liberarsi dalla rappresentazione ingombrante del proprio passato. Sembra un’eresia, ne siamo consapevoli. Anzi, per il nostro senso comune, un’eresia di gran lunga superiore alla denuncia degli incendi in Curia o della corruzione caratterizzante i vecchi e nuovi dominatori di Siena. 
Noi, infatti, viviamo letteralmente di passato, al punto da essere incapaci di immaginare una salvezza per la nostra città che non sia ritorno ad una qualche grandezza trascorsa: l’età Comunale, la battaglia di Monteaperti, la Siena della nostra giovinezza (degli anni Quaranta, degli anni Sessanta, degli anni Ottanta, a seconda di chi prende la parola). Tutte grandezze storiche, intendiamoci, che circolano nel discorso comune dei senesi in maniera approssimativa, senza essere realmente circostanziate e verificate, e la cui eccellenza molto spesso viene narrata attraverso delle forti tinte emotive per compensare la mancanza di serie argomentazioni in grado di sostenerla in maniera fondata e credibile. Esse assumono pertanto più la forma del mito che della reale conoscenza storica. 
Da qui, nella maggioranza di noi, un orrore più o meno esplicito nei confronti del contemporaneo, ritenuto sempre pregiudizialmente il luogo della corruzione e della sciagura, associato ad una sopravvalutazione altrettanto pregiudiziale del passato, sia remoto che prossimo, percepito al contrario come l’unica sede dell’autenticità. 
Le stesse grandi tradizioni senesi, quando non vengano vissute con il necessario distacco critico, rischiano di assegnare un senso al presente solo in funzione di un passato mitizzato e mai rimesso in causa. Anzi è esattamente questa rappresentazione confusa ed approssimativa del passato che, nell’immaginario collettivo della nostra città, riesce a far tollerare al senese il presente ed a salvaguardarlo dalla sua presunta corruzione, sperimentata al contrario da tutti coloro che non fanno parte della comunità (chi vive nell’immediata provincia, per non parlare dei fiorentini, dei grossetani ecc.) e che dunque non possono avere una reale identità, non possono che essere inautentici ed alienati perché spostati troppo sul contemporaneo ed allontanati dalle loro radici.
Questo modo di concepirsi è un punto di forza o di debolezza?
Questo modo di intendere il presente, di svalutarlo in sé e di assegnargli valore solo attraverso il filtro della rappresentazione del proprio passato, ha costituito un anticorpo nel momento in cui la comunità è stata aggredita, oppure ha racchiuso i senesi in una bolla di smemoratezza, di compiacimento autoreferenziale, di eccesso di delega ad altri della gestione della propria vita e del proprio destino (prima a chi ha distrutto la città, adesso a chi si assume il coraggio di denunciare il disastro)? 
Non sarebbe, inoltre, il caso, di rovesciare lo stereotipo dell’unicità, dell’esemplarità del senese da punto di forza e di differenza positiva ad elemento di debolezza, rileggendolo come una forma di riduzionismo spicciolo che costringe e mortifica la complessità di soggettività magari desiderose di affrontare il presente, ma costrette nella camicia di forza di un cliché per mantenere in vita esclusivamente delle tradizioni?
Accanto alla denuncia, un blogger dovrebbe contribuire anche alla costruzione di una nuova mentalità attraverso la proposta di domande del genere.


Folagra

10 commenti:

  1. Esiste naturalmente una differenza tra la realtà e la rappresentazione della medesima. Avete per esempio mai parlato di Palio a qualcuno di "fuori"? Bene quello che viene fuori non è mai il Palio vero ma una rappresentazione mitizzata che abbiamo nella nostra testa di quello che il Palio dovrebbe essere e non di quello che il Palio realmente è. Credo che in quella rappresentazione che facciamo per rappresentarci come migliori c'è la nostra idea di Palio ed alla fine finiamo per crederci anche noi. Lo stesso penso che possa valere per quello che raccontiamo parlando di Siena: noi a Siena facciamo così ... in realtà raccontiamo la nostra idea di una Siena che forse non esiste ma che vorremmo fosse così. Per concludere quindi non escluderei il passato e nemmeno il vicino passato mitizzato con l'obbligo però di far assumere a questo mito il modello per cambiare il futuro. Scusate la lungaggine e buonanotte. Cecco

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  2. A volte è necessario ripartire dal fondo per poter risalire! Ma abbiamo veramente toccato il fondo ???? Chi non possiede consapevolezza ci sbatterà il muso e si farà molto più male...ma sarà una medicina santa!!
    MEDITATE GENTE !

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  3. A mio avviso, il compito di chi ha consapevolezza di tutto ciò è semplicemente quello di non stancarsi di passare parola e denunciare, affinchè altri individui prendano la stessa consapevolezza e diventino parte attiva della società. L'essere umano, specialmente se italiano, e soprattutto se senese, ha un concetto di vivere la vita tutto particolare, incentrato sulla delega totalitaria su tutto cio che lo circonda, in quanto convinto che non lo riguardi. Basti pensare al fatto che molti ritengono di poter lavorare soltanto se hanno un padrone. Poco importa se sei libero professionista, pensionato, dipendente privato o pubblico: è il livello di consapevolezza che ti fa prendere le decisioni. Chissà quanti avranno dato pacche sulle spalle ai varii blogger dicendo "vai, forza, non mollare..." come se a quel punto la propria salvezza dipendesse direttamente dal blogger. Egli non puo far altro che fare informazione, quello che gli organi preposti -tranne rarissimi casi di cui mi preme citare il "fatto quotidiano" - non fanno o addirittura non hanno mai fatto. Il blogger ha il compito di creare consapevolezza. Quando l'hai raggiunta, non puoi far altro che iniziare ad essere attivo anzichè passivo. E' come rinascere, una nuova vita. Io la sto provando da diversi anni, ed è fantastico.
    Sanguebianconero

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    1. Ciao Sanguebianconero.
      Non vorrei che questa diventasse la posta di "Cioè", ma vorrei conoscere i motivi della tua rinascita.
      Sulla parte delle pacche sulle spalle, anche a me (che non sono un blogger, ma un cretino) hanno iniziato a darle... segnaccio.

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  4. molto acuto, altroché incontri su Siena capitale cultura o repubblica dei musei, che conferma in modo vuoto l'eccezionalità senese. Non è facile uscirne, però, e tanto è vero che gli stessi meritori bloggers si sono creati un piedestallo e si fanno ammirare novelli Garibaldi. Ma si va dove? Intanto leggo cheENJOY SIENA spende 19mila euro all'anno e abbiamo le tasse più alte. Da qui bisogna partire, ma in modo da raggiungere TUTTI. COME?
    Dantès

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    1. Ciao Dantes.
      Non so, non penso che sia corretta l'espressione che usi: "è vero che gli stessi meritori bloggers si sono creati un piedestallo e si fanno ammirare novelli Garibaldi". Conoscendoli personalmente più o meno tutti, ti dico che dentro di loro non c'è questa attitudine. Se poi traspare, questo è altro problema.
      La domanda che mi pongo, anche personalmente, da un po', dopo aver letto il pezzo di Folagra, è tuttavia se l'atto dello scrivere possa influire all'immobilizzazione della gente, avendo in tal maniera mondato le coscienze dello scrittore appunto, ma anche dei lettori.
      Fra poco, finirò per andare in analisi!
      Sulla prima parte di ciò che scrivi, a mio parere varrebbe la pena andare avanti a discutere. Quanto queste manifestazioni (che sarebbero splendidamente favorevoli alla cittadinanza intera) rischiano nel nostro micro-cosmo di divenire eventi autoreferenziali per una certa "illuminata intellighenzia di sistema"? L'autoreferenzialità (con il richiamo puntuale al concetto mitico di Senesità) aiuta lo sviluppo delle coscienze?
      Chi siamo? Dove andiamo?
      Mah...

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  5. Ciao Almutanabbi,
    nei processi di presa di coscienza, non si fanno passi indietro, non si ha scelta. Provo a spiegarmi con un esempio forte: Falcone, Borsellino, e tutte le altre vittime del sistema, non erano imbecilli o kamikaze, semplicemente non potevano fare altrimenti. Erano perfettamente consapevoli dei rischi che correvano, addirittura molti di loro anticiparono pubblicamente la loro morte, ma nonostante avessero avuto famiglia (o forse chissà se non lo hanno fatto proprio per quello...) non hanno potuto sterzare.
    Il credere realmente in un ideale e in quei valori su cui si dovrebbe basare una società civile puo solo portarti in una strada. La rinascita sta nel fatto che tu, quotidianamente, hai un approccio totalmente diverso alla vita perchè la vedi con occhi diversi e tutte le tue azioni sono incentrate alla valorizzazione di quei valori, nel lavoro, nello scambio sociale, in ogni tua azione.
    Sanguebianconero

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    1. Bella risposta, mi piace assai.
      Speravo più qualcosa adatto alla posta di "Cioè", ma mi accontento anche di questo.

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  6. Ottime le riflessioni di folagra e sanguebianconero centra un concetto importante.....la consapevolezza, una volta risvegliata, è irreversibile. Essendo tutti dei potenti creatori , costruiamo la nostra realtà in 2 modi, consapevolmente e inconsapevolmente quindi...meglio svegliarsi e fare scelte nel rispetto del proprio essere e sentire. W l'era del to b.

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  7. .... e W la rubrica del ciò è
    Ale JK

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