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venerdì 13 marzo 2015

Siena, Napoleone e Bastia


Si dice in giro che diventiamo grandi quando smettiamo di essere ragazzi. Purtroppo non c’è niente per valutare a fondo l'evoluzione personale, se non la scala fornita dall’età anagrafica, che spesso tuttavia risulta inesatta o fuorviante. 



Da piccoli o da grandi tutto è chiaro: due mondi antagonisti, dove l'uno sembra noioso all'altro e viceversa. Tutto appare lineare: luce e notte, nero o bianco. 
A far da cuscinetto ai due mondi esiste però una “Terra di Mezzo” dove i due colori si mischiano fino a formare un grigio denso, nel quale non importa più chi è grande o chi è piccolo, perchè entrambi sembrano distanti, la luce smorzata e il buio interrotto. Quel momento si chiama “VENTANNI” ed è a detta di molti il periodo più bello della vita. 
Il giorno finale dei miei “ventanni” credo sia stato quello in cui ho messo piede per l'ultima a volta al Tendenza, il 29 Aprile del 2000. L’ultimo decennio del secolo si era appena concluso con un Millennium Bug scongiurato ed un concerto di Giannone Morandone in Piazza. A pensarci adesso mi ci scappa quasi da ridere: 15 anni fa potevamo anche permetterci il lusso dei concerti gratis per San Silvestro, tanto i soldini c’erano e il futuro non faceva paura. 
Quella sera d’Aprile eravamo contenti, tra un gin lemon e una sbirciatina ad un sedere fatto bene, aspettavamo con impazienza che arrivasse l’indomani per salire su quel treno dei desideri che ci avrebbe portato a Pisa, a giocarci la serie B ed il futuro. Fu un inverno strano quello a cavallo tra il 1999 ed il 2000, perché Siena scoprì di colpo il calcio: iniziammo a veder girare la gente con la sciarpa anche di giovedì e cominciammo a sentir dire: “Ci sono sempre venuto allo stadio, mi ci portava il mi babbo da piccino”… 
Dopo tanti anni siamo di nuovo in bazzica per vincere un campionato, sabato qualcuno di noi entrerà in un locale da ballo (e magari si troverà in mezzo ad un revival anni 90) e domenica andremo in trasferta. A pensarci bene, è tutto uguale… Ma se ci avviciniamo alla finestra, portiamo le mani intorno agli occhi e guardiamo dentro, scopriamo che di quella Siena del 2000 non è rimasto praticamente niente. 
Come direbbe uno bravo bravo, “in un battito d’ali ci siamo trovati 20 anni più in la” senza accorgercene e senza capire esattamente la pericolosa deriva che stavamo prendendo. Abbiamo messo su qualche chiletto e perso parecchi capelli. Al tavolo del pranzo di Natale il numero dei commensali è rimasto quasi invariato pur cambiando negli attori: i nonni hanno lasciato spazio a fidanzate e nipoti, nell’immutabile turnover generazionale che la vita ci impone. E anche le nostre certezze centenarie sono sparite in un “groviglio armonioso”. 
Recentemente su Sky ho visto un film di Ferzan Özpetek – "Allacciate le Cinture" - il cui protagonista maschile è il nostrano Francesco Arca, uno che ce l’ha fatta, direbbero le massaie dal parrucchiere. Devo presupporre che nel momento in cui il Signore distribuiva il bello, lui sia passato sotto alla macchinetta almeno 4 volte (e io so rimasto in fila…). A chi troppo e a chi niente, mi verrebbe da aggiungere. Ma sul finire degli anni '90, anche lui frequentava il Tendenza; ovviamente già da piccolo era il meglio fico del bigonzo, ma per lo meno in quel frangente era uno di noi. Fino a qualche anno fa era fidanzato con un’attrice perugina molto carina (alla quale Fabri Fibra dedicò un paio di versi decisamente eleganti), nata a pochi chilometri dalla cittadina che ospiterà la prossima partita della Robur: Bastia Umbra. 
Gemellata da secoli con la più grande Bastia in Corsica, a noi amanti delle sfide impossibili regala un po’ l’idea di giocare in Coppa Uefa: peccato che la partita non cada di mercoledì, altrimenti l’inganno sarebbe stato perfetto. Come segno di rispetto per la gemellata isolana, il comune di Bastia intitolò ad essa la via più importante della città: il CORSO. Decisione che nel 1700 e qualcosa (quasi milleotto direbbe Troisi) fece infuriare Napoleone, il quale pressava da anni il vescovo, affinchè optasse per un nome tipo Ajaccio Umbro. Per cancellare l’onta subita, Napo si pose alla testa del suo esercito e marciò alla volta di Bastia. Senza incontrare nessuna resistenza valicò Alpi e Appennini (trovando soltanto un po’ di vento forte nella Torino-Bardonecchia e il solito incidente tra Roncobilaccio e Piandelvoglio) decidendo di accamparsi a Bettolle in attesa dell’ora x. Sfortuna volle che i gendarmi imperiali francesi, durante le lunghe ore di stanca, si fecero prendere un po’ troppo la mano dallo shopping all’Outlet e dalle mangiate al McDonald’s (da qui i famosi Ozi di Bettolle) e al momento di ripartire furono pesantemente rallentati dal peso delle buste. Arrivati a Ellera di Corciano i generali Napoleonici ebbero la malaugurata idea di attraversare gli orti degli omini di Perugia (paese che vai, Omini dell’Orti che trovi), facendo imbufalire i sagaci ortolani che risposero prontamente sferrando una serie di attacchi kamikaze a suon di bietole e cavolfiore, inventando di fatto la forma di terrorismo che noi oggi riconduciamo ai barbuti talebani. L’esercito, dopo settimane di minestroni e centrifugati al cetriolo, riuscì a sedare la rivolta, ma il prezzo in termini di vite umane fu altissimo, con l’aggravante che Napoleone - troppo impegnato a levarsi le caciole dall’ombelico (ecco svelato il perché della perpetua mano sulla pancia) – ignorò bellamente la situazione, spalancando di fatto le porte all’imminente catastrofe. 
Ed infatti sulla via per Bastia (che fa anche rima), in un giorno imprecisato di un mese incerto di un anno compreso fra il 1769 ed il 1821, si compì la più grossa disfatta della storia moderna: l’esercito Napoleonico fu annientato dalle orde umbre guidate da “Mignolo” con l’aiuto del “Prof”. I soldati in rotta ripiegarono verso la provincia di Arezzo e molti di essi, per non pagare il carissimo pedaggio autostradale (45.60 € se si esce a Ventimiglia) decisero di stabilirsi in zona. Essendo Francesi, insegnarono ai villici locali parte della loro cultura (mancanza del bidè, antipatia, erre moscia etc.) e alcuni modi di dire: ecco svelato l’origine dell’alò (andiamo) tanto caro ai rospetti discendenti del nanerottolo corso. 
Naturalmente a Bastia Umbria fu festa grande, vino dolce e biscottini furono serviti per mesi a tutta la popolazione e il re proclamò sei anni di festa nazionale. Peccato che per un problema di sponsor e di geografia (l’Adidas pagò meglio della UMBRO ed in Belgio ne sapevano parecchie di più), quella che doveva essere consegnata alla storia come la disfatta di Bastia divenne invece la disfatta di Waterloo. Ma adesso noi tutti sappiamo come andarono effettivamente le cose e giustizia è stata fatta.
Toccandoci bellamente i gioielli di famiglia, signore comprese, siamo all’alba di una lunga giornata, nella quale il sangue dei nostri nemici (in senso sportivo e figurato) dovrà scorrere a fiumi lungo le strade del centro. Il tempo dei “vedremo” e dei “faremo”, dei “se” e dei” però” è finito. La partita di Ponsacco è stata utile come un tram che va al deposito, ma noi tutti ci auguriamo che tale episodio sia stato spostato nel cestino senza aver fatto “salva con nome”. Da adesso ci rimangono una serie infinita di finali. La prima è quella di domenica. 
Popolo bianconero, in attesa del calcio giocato, godetevi la trasferta.

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