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mercoledì 8 aprile 2015

La partita del Sabato Santo


"Alla prossima rotonda, planare sulla terza uscita"… 
Il sistema satellitare di ultima generazione montato nel palmo della mano – se li chiamano palmari, ci sarà pure un motivo... – mi indica il percorso con 5 chilometri di anticipo e attraverso la connessione tra cervello e cloche, permette all’aereomobile di muoversi autonomamente nel traffico del Sabato Santo. 



Mio nipote guarda eccitato fuori dal finestrino: per la prima volta negli ultimi 30 anni abbiamo avuto il permesso di festeggiare la Santa Pasqua. 
La grande Guerra del 2016 tra l’esercito di Uber e i Tassisti aveva gettato il paese nel caos. L’Onu aveva tantato la mediazione fallendo miseramente (strano!). La Comunità Europea ci aveva abbandonato, i marò erano ancora in India e la Nato era troppo occupata in Ucraina per impedire ai miliziani dell’Isis di approfittare della confusione politica italiana e instaurare la capitale del Califfato di Latina a Roma. 
Senza minimamente combattere, l’Italia si era piegata alla mezzaluna araba, diventando di fatto la prima repubblica islamica dell’Europa Moderna. L’unica eccezione era rappresenta da un manipolo di eroi abitanti delle rovine di quella che una volta era stata la città di Siena. 
In un primo momento, le forze islamiche avevano cercato di piegare i ribelli, distruggendo il centro storico e statalizzando la locale banca, modificandone il nome in Monte dei Paschi del Sultano. Tuttavia l’operazione si rilevò un “fallimento”, poiché la banca era piena di debiti e il califfato fu costretto a trattare una resa con i ribelli, che ottennero una sorta di indipendenza culturale. Nonostante la libertà effimera conquistata, in poco tempo i Senesi si resero conto che la loro sorte era comunque segnata dall’embargo imposto dalle truppe del potente Mullah di Colle Val d’Elsa. Così decisero di rompere la tregua e attaccarono la roccaforte dei mujahidin di Radicondoli. La risposta del nemico fu esemplare e i ribelli furono costretti alla ritirata, perdendo tutti i diritti acquisiti. Per 30 anni non si seppe più nulla e il ricordo piano piano si diperse nelle nebbie del passato. Solo una profezia tramandata da padre in figlio teneva accesa la fiammellina della speranza di un loro ritorno. 
All’improvviso il bimbetto rompe il silenzio dell’abitacolo: "Nonno, è vero che quando babbo era piccolo lo portavi a vedere il Siena?".
"Lo sai? Te ne ha parlato lui?".
"Sì, me lo racconta la sera, prima di dormire. Quando ci staccano la luce e ho paura del buio!".
"Ti ha mai raccontato di quando giocammo in notturna nel giorno del giovedì Santo?".
"No nonno, fallo tu ti prego!".
"Era una bella serata di aprile, in cielo brillava una luna tonda e bionda e i riflettori dello stadio erano tutti accesi. La gente aveva presenziato alla messa della lavanda dei piedi (…), i biglietti costavano poco e gli ultras vendevano le sciarpe. L’avversario si chiamava Trestina e avevamo bisogno di vincere perché dietro gli inseguitori non accennavano a mollare l’osso. Alla lettura delle formazioni si diffuse un certo stupore nell’apprendere che il Citto Uno non era in campo. Subito qualche maligno additò il goal preso col San Donato quale causa del sospettoso avvicendamento col Citto Due. “Ma non lo senti che non è nemmeno in panchina?” disse qualche altro. “E poi si stava scaldando!”, aggiunse un terzo. “Boh, si sarà fatto male”, pensai io. Ma francamente si poteva giocare anche senza portiere. 

Sapevamo che sarebbe stata una dura battaglia se non avessimo sbloccato subito il risultato… Ed infatti guardammo bene di sbagliare le solite 4 reti già fatte, consentendo all’avversario di sperare in un miracolo, gasandolo per benino. Il primo tempo fu piuttosto scialbo… Qualcuno che ce l’aveva con Crocetti e delizia perché “quando la tiene e non la passa” sbaglia e “quando la passa e non la tiene” sbaglio lo stesso. Qualcun altro beccava Super Mario perché vuole fare tutto da solo e anche i capelli di Bip Bip Varrutti non erano molto apprezzati. 
Il bottino del primo tempo fu piuttosto scarso: totalizzammo solo un palo, che putroppo non serviva a muovere la classifica. Dopo aver riascoltato i risultati delle altre partite (che non erano cambiati in quanto avevano giocato diverse ore prima) intervallati dalle solite canzoni anni '80, cominciammo il secondo tempo con un piglio diverso (si dice così no?). Nella porta sotto la curva prese posto il Grande Cecca, gloria del calcio trestino e amico di lungo corso dei tifosi bianconeri (a questo punto è opportuno capire se l’altro Ceccagnoli in campo fosse un parente o soltanto un omonimo, per almeno due motivi: se sei il fratello, sappi che la tua mamma non è vero che è di facili costumi; soltanto quella del tuo consanguigno lo è. Se poi tu fossi il maggiore, rassegnati: il fratellino è stolto! Parlava da solo, si bagnava la faccia come Stefano Baldini all’ultimo km della maratona di Atene e dava chiari segnali di instabilità mentale. In caso tu fossi il minore, ti suggerisco di non prenderlo mai come esempio. Se si trattasse invece solo di omonimia o cambi squadra o cambi cognome). 
Spinto dal pubblico il Siena pigiò sull’accelleratore e ci mise si e no 7 minuti per infilare il Cecca, grazie ad una percussione centrale del duo Fioretto Zane – Simoncione, che si fece beffe del portiere e accompagnò il pallone dentro la porta. Se si fosse inginocchiato e avesse segnato di testa, come si faceva da piccoli, l’avrei inserito nel mio stato di famiglia. Dopo il goal aspettammo soltanto il fischio finale. Un paio di altre reti sbagliate e un brividone finale (tanto per farci arrivare il cuoricino all’altezza delle tonsille). Successivamente al triplice fischio ci rimase giusto il tempo per un saluto ai ragazzi (tutti sotto la curva, ma tutti tutti questa volta) e scappammo di corsa a mangiare una pizza in un locale gremito di tifosi, dove l’unico argomento era la Robur (che bella cosa!). Il margine sulla seconda era rimasto invariato e mancava una partita in meno alla fine.
"Che bello nonno; ma alla fine quel campionato lo vincemmo?".
"Questo chiedilo al tu’ babbo!".


Tutti uniti insieme avanzeremo.

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