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giovedì 2 aprile 2015

Per Paolo De Luca


Se prendiamo i colori dell’avversario di domenica scorsa e li mischiamo per benino, creando quell’effetto cromatico infantile del sole giallo che sbaffa sul cielo blu, otteniamo il verde. Quante volte all’asilo abbiamo guardato stupiti quelle nuvole color pratino bucate da raggi simili a fili d'erba stiracchiati, che imbruttivano la nostra opera facendoci fare la figura degli stolti di fronte ai compagni? 




Passando dal gialloblu del San Donato al verde del Trestina il passo è breve; almeno in senso meramente temporale. Nemmeno il tempo di goderci in santa pace la prima vittoria esterna degli ultimi 4 mesi, che siamo subito chiamati a combattere una nuova e decisiva battaglia. In realtà il Trestina verde non sarebbe, poiché i colori sociali sono il nero ed il bianco disposti a strisce verticali - e questo mi ricorda qualcosa! - ma all'andata furono costretti, per dovere di ospitalità, ad indossare la seconda maglia. Tutto ciò mi porta a pensare che giovedì sera giocheremo in rosso. E come dice il vecchio adagio, rosso di sera… 
Se poi giocassimo rossi contro verdi sarebbe veramente fantastico. Se poi addirittura potessimo giocare al campo di Custoza, allora sì che ne vedremo delle belle. Perché sarebbe come giocarci l'accesso alla fase finale del campionato mini amatori Uisp, con l'Americano che litiga con Redi o Pipetta che prova a spiegare un fallo a Portanova. Chiedo scusa se ho citato un paio di nomi che ai più potrebbero risultare sconosciuti, ma se c'è qualcuno che ancora calca i luoghi di culto del calcio amatoriale senese, allora non potrà che concordare con me. 
E nella mia follia di una notte di inizio primavera, tra gli spettatori paganti assiepati intorno al campo, mi farebbe piacere vederlo spuntare dal nulla, con la sua sigaretta accesa, i baffi macchiati di nicotina, il cappotto scuro e magari un bicchiere di vino rosso in mano, pronto a festeggiare un successo o consolare una sconfitta. 
Presidente, sono passati già 8 anni, il tempo vola. I bambini nati nel 2007 fanno la terza elementare ed il Siena e la Siena che conosceva, non ci sono più. Oggi non riconoscerebbe più niente, perché niente è rimasto uguale a prima. Ci lasciò una domenica di marzo; vincemmo a Reggio se non ricordo male... E la partita non poteva che finire in quel modo. Fu il suo modo per dirci addio: la televisione diramò un breve comunicato, frasi di circostanza, costernazione e coccodrilli precompilati. Ma noi sapevamo che si era chiusa definitivamente un'era – la sua - durante la quale aveva modificato per sempre la geografia calcistica nazionale, portandoci in pochi anni ad assumere un ruolo primario nell'Italia pallonara e avviando una specie di belle epoque bianconera, che poteva durare per decenni se una manica di manigoldi non avesse distrutto il suo giardino, strappando i fiori e bruciando le siepi. 
Aveva Genova nel destino... La prima trasferta della serie B la giocammo in Liguria, in quello stadio che ci metteva soggezione solo a pensarci. E anche per la salvezza dell'anno successivo, fummo costretti a tornare a Marassi. Uno dei ricordi più belli che ho di lei è relativo proprio a quelle settimane: eravamo sul raccordo Siena – qualcosa e stavamo tornando da Pistoia. Lei a bordo del suo Bmw (mi pare) sorpassò la mia auto che viaggiava con la sciarpa fuori dal finestrino. Riconobbe i colori e nell’affiancarci si sporse fuori dall’abitacolo esultando come Tardelli dopo il goal alla Germania. Tra l’incredulità dei miei compagni di viaggio, una ragazza - che anni più tardi sarebbe diventata mia moglie - chiese: “Madonnina, ma chi è quel pazzo?”. E io le risposi: “È il presidente! Il nostro capo ultrà“. 
L’anno successivo, nel campionato della lucida follia, vincemmo prima 1 a 0 in casa con la Sampdoria - giocando in 9 e tirando in porta una sola volta – candidandoci al ruolo di pretendente alla serie A e qualche mese più tardi asfaltammo il Genoa al Ferraris, rubando le chiavi a San Pietro e spalancando di fatto le porte del paradiso. Da Genova a Genova. 
Pianse con noi presidente quella sera. Francamente ho visto pochi presidenti commuoversi nella storia del calcio. Come possiamo dimenticarci di lei in tutina grigia che salta sotto la curva gremita come non mai, alle 4 di mattina? 
Io non so se lei ha mai compreso la portata del suo miracolo. Io francamente l'ho realizzata molti anni dopo, perché lì per lì mi sembrava tutto così naturale. Lei non ha portato solo una squadra in serie A: lei ha dato voce a migliaia di persone, portandoci “dove gli altri non riusciranno ad arrivare”. 
Si ricorda la prima volta che mettemmo piede a San Siro? Era mercoledì sera. Sembrava Champions League. Perdemmo quella sera, ma in realtà avevamo già vinto. Perché noi eravamo quelli di Cecina, quelli di Poggibonsi, di Sarzana e di San Donà. 
Eravamo felici come bimbi nel giorno di Pasqua, con la differenza che invece di scartare un grosso uovo di cioccolata contenente una sorpresa piccola piccola, avevamo trovato un piccolo uomo con una sorpresa grande grande. 
Si dice che la morte cancelli tutto e che il ricordo piano piano si disperda nel tempo, diventando leggenda. Stia tranquillo: il ricordo della sua leggenda non si affievolirà mai. Mentre vincevamo il campionato di B, nascevano i miei figli. Purtroppo non possono ricordarsi di lei, ma sanno benissimo chi è e che cosa ha combinato, come sanno che dopo di lei non c’è stata più follia e gli occhi della tigre non si sono più visti. 
Certo, non sono state tutte rose e fiori e lei lo sa bene. Ci sono stati momenti bui e proteste vibranti. Quando c’è stato bisogno, l’abbiamo anche contestata, ma sempre per cercare di fare il bene della cosa che amavamo. 
Lei si riteneva un uomo fortunato perché era in grado di sognare e di vivere una favola. Ecco presidente, l’averci insegnato a sognare è stata la più grande eredità che ci ha lasciato. 
Robur Siena – Trestina. Per la classifica, per il futuro, per Paolo De Luca.

1 commento:

  1. in questi momenti mi manca tanto la libertà di agire di un eroe dei fumetti, Tex Willer, che di fronte a ingiustizie, banditi e assassini, può rispondere a par suo con piombo caldo o una sonora cazzottatura. Ecco dovendo - purtroppo - abbandonare la prima opzione, mi accontenterei della seconda, per ... "ringraziare" quella .. una manica di manigoldi che ha distrutto il giardino, strappando i fiori e bruciando le siepi... Ciao Paolone, non morirai fino a che ci sarà una persona che ti avrà nei suoi pensieri...(Franz)

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