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venerdì 8 aprile 2016

I colloqui di classe

Con l’approssimarsi della bella stagione, arriva inesorabile il momento dei colloqui di classe, strepitosa rottura di coglioni che accompagna l’essere umano dai primissimi anni di vita fino all’età adulta.
Un paio di settimane prima della data prefissata ricevi una comunicazione, ti sembra il solito avviso con il quale la segreteria della scuola t’informa di una gitarella a Chiusi o di un'uscita anticipata causa assemblea sindacale, ma invece non lo è...
Guardi il pezzetto di carta scritto (male) a penna dallo studente di casa, scuoti la testa costernato e ti appunti l’impegno sull’agenda. Per farlo tuttavia utilizzi un corsivo piccolo piccolo e un inchiostro simpatico visibile soltanto nei giorni antecedenti al plenilunio, abbreviando tutte le parole. Per non sprecare un solo rigo scegli di utilizzare un angolino in alto; se poi mi serve la pagina per lavoro - pensi - non posso mica rischiare di non avere spazio. In realtà il motivo è un altro e tu lo sai benissimo: i giorni successivi farai di tutto per dimenticartene, sotterrare il pensiero, abradere il patema... Invano. Lui se ne rimarrà lì, in silenzio da una parte, prontissimo a saltar fuori quando meno te lo aspetti. E intanto il tempo comincia a passare…
Per prima cosa bisogna decidere chi va: visto che scuola e mamma finiscono entrambe con la "A", la scelta dovrebbe essere obbligata. Anche perche calcio e babbo finiscono con la "0" e da sempre tu ti occupi di portare il bimbo a vedere la Robur, importantissima attività educativa mirata al corretto sviluppo psicomotorio dei più piccoli. Quindi a ognuno il suo ruolo, pensi. E cerchi di convincertene tornando a casa da lavoro, mentre ripeti mentalmente il discorso che dovrai fare più tardi alla tua compagna, dolce tre/quarti della mela morsicata della tua vita. E francamente, da solo in auto, il discorso filerebbe anche. 
Poi scendi dall’auto e le tue convinzioni cominciano a vacillare. Salendo le scale, incontri il vicino che nel salutare ti lancia un’occhiata perplessa: devi essere piuttosto pallido. Inserendo la chiave della toppa, hai il sospetto che il rumore del metallo che sfrega contro la serratura non sia il solito di tutte le sere; scacci il pensiero ed entri. Deciso, lanci il giacchetto sul divano e punti dritto verso la cucina. Unendo l’indice al pollice, alzi il braccio destro pronto ad accompagnare, quasi a rafforzare, le parole che hai studiato a memoria. Lei, guardandoti calma, afferma: "Mercoledì prossimo c’ho un corso a Firenze!". E chiude la questione girandosi a controllare la cottura dell’ossobuco, lasciandoti lì come una statua greca. Sotto i tuoi piedi si apre immediatamente una voragine profondissima e nel momento in cui le fiamme dell’inferno iniziano a lambirti le caviglie, noti il diavolo che ghignando soddisfatto esclama: "Forza leone, falla incazzare adesso, se ne hai il coraggio!". 
Vorresti morire subito: se ti avesse appena confessato che non ti ama più e vuole mollarti, ti avrebbe fatto meno male. Sconsolato, tiri giù il braccio con violenza e in un goffo tentativo di mascherare il vero intento, esclami: "Ora basta, la luce della terrazza è sempre accesa. Non lavoro mica all’ENEL io". 
Lei impassibile si sposta di un passo, schiaccia l’interruttore e guardandoti sorniona dice: "Fatto! Volevi dirmi solo questo?". 
Sconfitto, te ne scappi in garage a fare i buchi nel muro con il trapano.
Il giorno successivo ti avvicini al tuo titolare con fare guardingo. Lui ti squadra da sotto gli occhiali e ti fa: "Cosa c’è?".
E tu: "No niente. È che mercoledì prossimo dovrei andare al colloqui con gli insegnanti di mio figlio e mi occorrerebbe il pomeriggio libero". 
Continuando a fissare il monitor del pc chiede: "Colloquio? Anche quest’anno? Ma non ci sei già andato lo scorso anno?". 
"Sai com’è", fai tu di rimando, "le medie durerebbero 3 anni…".
Ma lui incalza: "Queste cose le ho sempre lasciate a MIA moglie, che è rimasta tutta la vita a casa a badare ai MIEI figli" (calcando pesantemente la voce sui due aggettivi possessivi), "mentre io lavoravo".
Sorridi compiaciuto e rimani in silenzio, mentre dentro te pensi: "Brutta testa di cazzo, se mi aumentassi lo stipendio forse me la potrei permettere anche io una moglie a carico". Ma non lo dici, lavori per vivere e non ne puoi fare a meno. 
Il giorno del colloquio, fuori di scuola è un delirio: non c’è un posto nemmeno a pagarlo e ti tocca lasciare la macchina a due chilometri. Oltrepassando il portone non ricordi dove devi andare: troppo doloroso il ricordo dell’edizione precedente per ridestare le brutte sensazioni provate. Il bidello ti viene incontro con l’aria da cane bastonato: si vede chiaramente che avrebbe un orto da sistemare o un tavolo di un bar da occupare ed è lì contro la sua volontà. Dopo averti chiesto il nome e classe, ti fa la domanda che più temevi: "Sezione?". 
E lì, apriti cielo: silenzio, rossore, colletto della camicia che stringe pericolosamente il pomo d’adamo e grossa figura di merda in arrivo. 
"Venga", fa lui, "si controlla!". Scuotendo la testa in segno di evidente disapprovazione.
Dopo aver individuato la classe e i professori, scopri che tutti gli altri genitori hanno gli appuntamenti fissati… Tutti, meno che te. Inizi da quella di educazione fisica e te la cavi con poco: cinque minuti e fuori. Quella di religione la conosci e sai che la prende sempre larga. Inizia a parlarti di come hanno affrontato le tematiche del Nuovo Testamento. Quasi ti addormenti. Arrivati al Vangelo secondo San Marco la fermi: ok, basta così. Esci in direzione degli altri insegnanti, sono quasi le 18,30 e la fila arriva all’uscita della tangenziale. Gente che viene, gente che va: dopo quasi tre ore hai fatto sì e no tre colloqui e i più inutili per giunta. Tenti a quello di matematica, ma ripensando all’ultimo voto del compito, cambi strada. Noti una porta chiusa senza fila. Ti posizione educatamente davanti e aspetti. All’improvviso senti uno rumore secco, come un scroscio di acqua che cade. Dopo qualche attimo di terrore, durante i quali ti aspetti di veder comparire un lago in corridoio, il bidello apre la porta del bagno e rimbracandosi i pantaloni chiede: "Cercava me?". Passi lo sguardo rapidamente dai suoi occhi alla tua punta dei piedi, bisbigli qualcosa, giri i tacchi e te ne vai: per sempre. Come va a scuola, lo vedremo a giugno. Io qui, non ci rientro più!

Siena – Teramo: all’ora dell’aperitivo scopriremo cosa hanno in serbo per noi questa volta i nostri eroi. Vincere per inseguire il sogno dell’ottavo posto (...). Dai con quelle mani! 


Tutti uniti insieme avanzeremo.


Mirko

1 commento:

  1. "... tre/quarti della mela morsicata..." E' semplicemente geniale. Grande
    A rileggerti presto.

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