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venerdì 20 maggio 2016

Il muro del pianto

Si dice che una volta la piacevole brezza di primavera, irrompendo all’improvviso nella nostra triste esistenza - ingrigita dai lunghi mesi invernali e logorata dall’assenza di luce - ci portasse in dote la vita che rinasce.
Gli alberi si caricavano di fiori, il grano cresceva e le api dell’amore iniziavano a trasportare il loro carico di ormoni da un cuore all’altro, mentre il sole si ergeva fiero al centro del cielo, per regalare il suo calore al mondo intero. Una volta era così... Ma adesso le cose parrebbero profondamente cambiate; in peggio.
Da qualche anno a questa parte, mi sento dire da più parti che noi saremo gli ultimi: gli ultimi ad abitare il mondo così come lo conosciamo adesso, gli ultimi ad usare il petrolio, gli ultimi ad annusare la pensione (forse…), gli ultimi ad aver visto la Robur in serie A, gli ultimi ad aver conosciuto la primavera. Effettivamente, se non fosse per l’erba delle strade sapientemente tagliata dalla pubblica amministrazione in occasione dell’arrivo delle 1000 Miglia, non avremmo avuto ancora modo di capire che maggio stava finendo. Nubi scure cariche di pioggia si addensano minacciose sopra alle nostre teste tutti i santi pomeriggi e la temperatura non accenna a salire. I fine settimana poi, sono decisamente uno strazio e, puntuali come un testimone di Geova, la domenica mattina offrono soltanto temporali e cielo coperto. E se ci levi anche il sole, a noi terroni dell’Europa, cosa rimane? Debiti, mignotte e faccendieri. Ho proprio paura che questo paese, dopo una Rinascimento e un Risorgimento, avrebbe urgentemente bisogno di una sana resurrezione, ma l’unico in grado di provocarla dice sia scomparso da oltre 2000 anni. Quindi? Il paese va a scatafascio (e con lui anche le piccole realtà di provincia, tanto care alla nostra tradizione), la primavera è soltanto un triste ricordo sfumato tra le ultime note della musica di Vivaldi ed il Giro d’Italia è passato (pioveva… strano!). 

Non ci rimane che parlare di Robur! Anche perché, diciamoci la verità, quando le cose in casa bianconera vanno bene, a noi di tutto il resto non ce ne frega poi granché. 
Dice che l’accordo è fatto e siamo ai dettagli finali. Bene bene, proprio prima di iniziare a pensare alle ferie, alla tratta e ai vestiti scollacciati delle donne americane in giro per città, questa era proprio la notizia che stavamo attendendo. Siamo alle porte coi sassi, direbbe il profondo conoscitore della lingua italiana. E noi proprio di sassi vogliamo parlare.
Negli ultimi periodi, come travolti da un’ondata contagiosa di demenza collettiva, tutti i principali attori della strepitosa stagione appena conclusasi hanno sentito il bisogno di togliersi qualche sassolino dalle scarpe. E piano piano tutte quelle piccole pietruzze abbandonate distrattamente da “gente di passaggio” hanno formato un cumulo, talmente alto che l’amministrazione comunale non sapeva cosa farne e soprattutto dove metterlo. Una cosa è certa, lì nel mezzo non ci poteva rimanere. Pensa di qua, pensa di la, finalmente qualcuno ha detto: costruiamoci un muro! Bello lungo e alto alto.
Ogni singolo tassello sarà una scemenza detta a casaccio da giocatori, allenatori e dirigenti bianconeri nel corso di quest’annata e potrà diventare l’attrazione moderna della Siena 2.0. Se poi volessimo costruirlo sotto via Peruzzi, avremo trovato anche il modo di unire l’utile al dilettevole, con l’arte al servizio dell’utenza: di giorno muro del pianto e di notte massicciata adibita a reggere la strada (idea geniale, ma come abbiamo fatto a non pensarci prima!).
E con il nostro muro del pianto, avremo finalmente trovato il luogo dove lagnarci in compagnia: del calcio, del tempo e del governo (che poi in questo paese le tre cose vanno meravigliosamente di pari passo), spolverando delicatamente i ricordi di un tempo che difficilmente tornerà (lo disse il Barbetta e lo ha ripetuto anche il Durino, senza banca s’arranca…) e immaginando un futuro incerto come un sposa la notte prima delle nozze. Qualcuno ci scriverebbe sopra col pennarello frasi cariche di significato come “W la fica” o “Firenze merda”, qualche altro citerebbe a casaccio Marylin Manson (molto difficile), oppure Manzoni (decisamente improbabile), Liga (focherello) o Vasco (sicuro come vola'), altri ancora porterebbero sedie e tavolini e ci organizzerebbero un bel barrino provvisto di orzata, vino rosso e caramelle al rabarbaro: il circolo del muro del pianto; e la domenica un nuovo striscione farebbe bella mostra di sè in curva, o forse in gradinata (che da piccino chiamavo grandinata). 
Tra una chiacchiera e un’altra, tra una primiera e un settebello, un seme di zucca e una nazionale senza filtro, troveremo anche il tempo di riflettere e pensare che, in fondo in fondo, siamo ancora senza campo d’allenamento ed all’Isola ce n’è uno che sta marcendo, sepolto da erbacce secolari e detriti fluviali. E allora il muro del pianto di trasformerebbe in parete pensatrice, perché anziché spendere per rifare il manto in sintetico allo stadio, potrebbe suggerire di sistemare quello là ed iniziare ad utilizzarlo come centro d’allenamento per la prima squadra. E forse farebbe anche risparmiare una ballata di soldi rispetto alle ipotesi ultimamente paventate. Ci sarebbe finalmente un campo di proprietà e tanta buona terra intorno per eventuali espansioni. E non venite a dirmi che la povera Arbia, la stessa che anni fa si tinse di rosso, rappresenterebbe un problema, perché se nel 2016 ci fa paura uno fosso, stiamo veramente freschi. E poi volete mettere il business di costruire un bel Mose sotto Salteano per fermare l’acqua alta? Consorzio, CDA e comitato di vigilanza: ci sarebbe da rimangiarci per i prossimi dieci anni.
Deliri a parte, la stagione è finita, i giocatori hanno riposto la maglia dentro l’armadietto (buttate via le chiavi, per favore) ed il mister è tornato a casa. Fra i coglioni c’è rimasto solo il presidente che, non contento, si ostina a voler violentare ancora la nostra passione, per mungerle fino all’ultimo litro di pazienza, incapace di vedersi con gli occhi della gente bianconera, che sogna tutte le notte il giorno in cui deciderà di accendere la vettura e puntare verso nord; o verso sud, fa lo stesso.

Noi nel frattempo resteremo ancora qui, duri a morire e sospettosi su tutto, a fare l’unica cosa che ci da piacere: marciare uniti tutti insieme, verso qualcosa che forse non c’è, o che c’era; ma che adesso non c’è più. 


Mirko

1 commento:

  1. Caro Miro hai proprio ragione.....qui o scoppia la Rivoluzione oppure siamo destinati ad un lento ed inesorabile oblio. Help please

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