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martedì 13 settembre 2016

Errori rossi, errori blu

La prima volta successe alle elementari, durante la lezione di italiano. La maestra ci chiese di staccare i fogli centrali del quadernone a righe (quello senza margini) e di piegarli verticalmente a metà, in modo da ricavarne due colonne per facciata.
Non sapevo che quella col tempo sarebbe diventata l’unità di misura di noi alunni. L’espressione del risultato in grado di definire il livello del lavoro prodotto, come se la quantità potesse in qualche modo influenzarne la qualità.

L’importante non era scrivere bene, ma scrivere tanto. E più colonne accumulavi, più pensavi di aver fatto bene. All’esame di maturità ne riempii sedici: il commissario di italiano (sì, nel 1998 – per l’ultima volta nella storia della Repubblica - c’era ancora la commissione esterna, le materie a estrazione ed il voto in sessantesimi) credo debba ancora finire di leggere.
Con il foglio bianco davanti e la penna nera in mano, quel giorno aspettammo che la maestra finisse di scrivere una lunga frase sulla lavagna. Quando ebbe finito ci indicò la scritta e ci disse: "Questo è il titolo del tema che oggi vi chiedo di scrivere. Partite da questo argomento e sviluppate un vostro ragionamento. In pratica è solo un pensierino, solamente un po’ più lungo". Noi avremmo scritto nella colonna di sinistra e lei avrebbe apportato le correzioni in quella di destra.
Poco prima di pranzo (benedetto tempo prolungato!) consegnammo i lavori e ci dimenticammo rapidamente della cosa. A distanza di qualche giorno la maestra tornò in classe con i fogli sottobraccio: i temi erano stati corretti. Quando mi consegnò il mio, oltre alla felicità di aver beccato un “buono”, la cosa che maggiormente mi colpì fu il fatto che l’insegnante avesse utilizzato due tipi di colori per le correzioni: il rosso ed il blu. Stranamente mi vennero immediatamente in mente gli omini del biliardino. Errori rossi e errori blu. I primi erano quelli meno gravi, distrazioni, quisquilie. I secondi erano quelli gravi o gravissimi, meritevoli del cappello con le orecchie da asino e quindici minuti dietro la lavagna. Il blu diventò in poco tempo un colore da odiare.
La seconda avvenne nel campo di calcio: a differenza di tutti i miei compagni, avevo scelto di fare il portiere (non avevo, al tempo, molta dimestichezza con la corsa) e ignoravo totalmente quanto quella scelta sconsiderata mi avrebbe cambiato l’esistenza, lo spirito ed il carattere. Come diceva quel libro di qualche anno fa, “La solitudine dei numeri primi”… Il mio allenatore, vero e proprio responsabile del mio fatal destino fra i pali, cercando di trasmettermi “l’abc del parare”, mi ripeteva continuamente che per i portieri esistevano due tipi di errori: di forma e di concetto. E per spiegarsi meglio aggiungeva: sono come quelli della maestra: rossi e blu. I primi sono le paperone colossali: brutte orripilanti, ma correggibili. I secondi invece sono quelli gravi: errori di piazzamento, scarsa propensione all’uscita, mancanza di colpo d’occhio, movimento sbagliati delle gambe e del torace. Ancora due tipologie di errori - pensavo - ancora il rosso ed il blu, ancora gli omini del biliardino.
A distanza di anni, decine di temi e centinaia di goal presi dopo, mi sono ritrovato sulla soglia dei 40 anni (38, via…) ad uscire dallo stadio di Arezzo, al termine di una partita dal risultato nefasto, con l’immagine di una grossa matita metà rossa e metà blu che, tracciando linee spesse e marcate, sottolineava, barrava, cancellava la prestazione del nostro giovane portierino. Protagonista, suo malgrado di una serata particolare. E nonostante la mia innata e genetica tendenza a difendere sempre e comunque i portieri (che diciamoci la verità, negli ultimi trenta anni sono stati massacrati, fra regole cervellotiche e palloni assurdi), ho dovuto accettare il sospetto che in altre circostanze avremmo vinto 1 a 0. E senza nemmeno rischiare più di tanto. Prima di addormentarmi mogio mogio, con mio figlio tredicenne (portiere anche lui) abbiamo rivisto le immagini, che come sempre si sono dimostrate impietose.
Spero vivamente che il buon Moschin possa arrivare un giorno a giocare in Nazionale ed alzare al Coppa del Mondo, ma l’altra sera ad Arezzo ho avuto veramente paura: per lui e per la Robur. Perché nel 2016 è difficile vedere tanti errori “blu” tutti assieme, commessi da un portiere moderno, allenato per anni da mister moderni. Certo, lo scorso anno Montipò ci aveva abituato male: era un portiere decisamente sopra la media per la categoria. Basti pensare soltanto al fatto che calciava di destro e sinistro e usciva a prendere la palla con le mani fino al dischetto del rigore. Magari i suoi errori li fece pure, ma furono tutti errori rossi. Da ventenne. E durante il suo duello con Bindi, non ebbe la meglio solo perché Ponte forse aveva delle convenienze economiche dal Novara a farlo giocare: semplicemente era più forte. 
Il buon Moschin invece, l’altra sera sul primo goal non è uscito, nonostante i due passi mossi in avanti, segno che l’istinto gli ha detto vai e il cervello rimani. Brutta cosa. Purtroppo la sua scarsa affinità con l’uscita ce l’aveva fatta vedere anche nel primo tempo, durante una respinta di testa di un nostro difensore. Ricordiamoci Gianello: se non ce l’hai nel sangue, è veramente dura uscire. Il secondo goal, a mio modo di vedere è più grave del primo, perché scaturisce da una somma infinita di errori blu: a partire dalla barriera che è messa malissimo. Non so se per un problema di comunicazione con i compagni o cosa, fatto sta che non vede partire la palla. Inoltre il primo uomo non copre il palo: un destro sveglio a questi livelli e con questi palloni, poteva tirarci e forse far male anche in quel modo. Un problemino con le barriere lo notammo anche durante la partita con il Giana: sul primo goal loro, il tuffo fu troppo ritardato. Forse anche in quel caso non l’aveva vista partire? Successivamente al calcio, ha commesso un super errore blu: senza vedere niente, ha mosso due passi alla sua sinistra. A caso. Così facendo ha perso equilibrio e una volta in controtempo, il movimento degli avanti amaranto che tagliavano sul primo palo gli ha causato lo spostamento del baricentro all’indietro (forse si aspettava una deviazione). Brutto vizio: non andare mai con il “culo in terra” mi ripeteva il mister. Sbilanciato, al momento di spingere sulle gambe, non ha avuto la forza necessaria per allungarsi bene. Ed il tuffo all’indietro e non in diagonale non è servito praticamente a nulla. Risultato finale: due goal in tre minuti e tutti a casa. E a fine partita, nel biliardino silenzioso, esultavano soltanto gli omini rossi.

Arezzo – Siena 2 a 1: Avanti Moschin (sarò il tuo primo tifoso, perchè immagino che nottatina avrai passato sabato), avanti bianconeri! Riprendiamo dal primo tempo, riprendiamo a fare ciò che più ci piace: vincere. A partire da mercoledì prossimo (far volutamente giocare di mercoledì alle 18.30 è un’offesa all’intelligenza umana!).

Tutti uniti insieme avanzeremo. 



Mirko

3 commenti:

  1. basta far giocare Ivanov,non sarebbe difficile,no?

    poi,se dal chievo arrivano un tot di dindini a presenza,allora avanti con questo PAVIDO,che problemi ci sono?

    tanto,più che retrocedere in D cosa vuoi che succeda??

    con "Mamma Durio"non si fallisce mica,no?!

    L'Inquieto delle lastre.

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    1. Embè, come spesso capita, Wiatutti propone soluzioni. Saranno semplici, ma sempre soluzioni sono. Effettivamente potrebbe (potrebbe) bastare cambiare portiere, qualora si volesse/si potesse.
      E sì... più che andare in Serie D, cosa potrebbe succedere???

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    2. Beh, direi: eccellenza, promozione, I°, II° e III° categoria. Al peggio non c'è mai fine! Sai che trasferte a Sarteano!!

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