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martedì 21 marzo 2017

Le cose del "quando" e le cose del "sempre"

Il pomeriggio stava velocemente volgendo al termine, mentre la città correva incontro alla notte. Nel cielo sterminato sopra agli austeri palazzi del centro, qualche isolata pennellata di arancio tentava eroicamente di resistere all’avanzare di una sera scura e frizzantina.
Durante il giorno, il piacevole tepore dei primi caldi si era riversato su Siena, regalando una strepitosa giornata di primavera. I sorrisi delle ragazze immersi nell’aria calda e profumata di uno strano marzo vestito da aprile avevano fatto tutto il resto. L’umore delle persone appariva notevolmente migliorato. Verso oriente, piccole stelle luminose brillavano pallide.
Fermi dentro l’abitacolo della piccola utilitaria, un adulto e un bambino aspettavano in silenzio. Seduto sul sedile posteriore, il piccolo giocherellava col telefono, mentre il suo accompagnatore fischiettava l’aria di una canzone famosa sentita alla radio. Dopo essersi lasciati alle spalle il centro della città, già discretamente popolato dai primi turisti dell’anno, avevano percorso tutto il lungo rettilineo che da Porta Camollia punta verso nord, prima di piegare verso sinistra in direzione dei quartieri Petriccio e Acqua Calda.
Nella penombra di un piazzale, il più giovane dei due controllò nuovamente l’orologio, spostando il polsino della felpa grigia con un gesto nervoso. Quello che vide non gli piacque affatto: sul quadrante bianco, infatti, due piccole lancette gialle fluorescenti avvertivano che il tempo stava iniziando a scarseggiare. Di questo passo la partita della Robur contro l’Alessandria sarebbe iniziata senza di loro. Controvoglia, decise che era arrivato il momento di rivolgere la parola al tizio seduto al voltante, che qualche ora prima, dopo aver depositato due baci sfacciati sulle guance della mamma, lo aveva prelevato davanti casa. "Scusa, ma di questo passo non arriveremo tardi allo stadio?". Cercando lo sguardo del piccolo nello specchietto retrovisore, l’uomo di limitò a dire: "No, no. Stai tranquillo. Tra un secondo si va". L’adolescente, non ancora contento e piuttosto irritato lo incalzò: "Chi stiamo aspettando?".
La partita della Siena era l’unico posto nel quale la sua vita incontrava quella di suo padre: vederla senza di lui non sarebbe stata la stessa cosa. Come avesse intuito i pensieri del giovane, l’uomo per la prima volta sorrise e, girandosi verso il ragazzo, annunciò: "Ancora un minuto. S’aspetta “Rimessa Laterale” e poi si va". Incuriosito, il giovane rispose: "Chi è Rimessa Laterale?". Fissando il piazzale di fronte a se, l’adulto rispose: "Un mio amico della Pantera". Come se rivelando la contrada avesse permesso al piccolo di capire, "Ah", fece comunque il giovane, per niente soddisfatto della risposta. Poi, seguendo con lo sguardo i fari dell’auto, puntati sulla scarpata incolta poco oltre il grande condominio a mattoncini rossi, esclamò: "Guarda bello!". L’adulto però, girando la testa nella direzione della luce, non vide niente. D’innanzi c’erano soltanto arbusti rinsecchiti, erbacce giallo/grigie ed una fila di pini, la cui chioma di perdeva nell’oscurità del cielo.
La luce delle scale si accese di colpo e dall’ingresso uscì una ragazza castana piuttosto carina, stretta dentro uno strano giacchetto di pelle nera col cappuccio e fasciata da paio di jeans che non lasciavano molto spazio all’immaginazione. "Quella sì che è bella", pensò l’uomo. Ma poi, tornando serio chiese: "Cos’è che trovi tanto bello?". Il ragazzo, deluso da quella domanda, abbassò le spalle e scuotendo la testa rispose: "Sei troppo impegnato a guardare il culo a quella ragazza, per non accorgerti di quanto sia bello quel cespuglio di biancospino fiorito. Alla luce dei fari, sembra una scultura di ghiaccio. Voi grandi guardate tutto, ma in realtà non vedete mai niente! Quella ragazza si è fatta bella per andare da qualche parte. Al biancospino invece non serve muoversi. A lui non gli importa dove si trova. Pur essendo nato nel punto più brutto di Siena, lui si fa bello lo stesso". L’uomo guardò incredulo il ragazzo e timoroso di sentire la risposta, chiese: "Ma questa dove l’hai sentita?". "Da nessuna parte. L’abbiamo inventata una sera io e il mi’ babbo". Poi, senza aspettare, continuò: "Insieme abbiamo scoperto che il mondo è pieno di cose, ma che esse si dividono in due gruppi: le cose del ‘quando’ e quelle del ‘sempre’. Le prime sono quelle che durano poco, arrivano, passano e se ne vanno. Le seconde invece, sono quelle che restano… Per sempre". Divertito, il grande lo incalzò: "Tipo? Fammi un esempio". "Rimessa laterale" tra l’altro ancora non si vedeva e tra un po’ avrebbero fatto veramente tardi. Meno male che la partita sarebbe iniziata con 15 minuti di ritardo.
Serio, il ragazzo continuò. A occhio e croce arrivava a malapena a 15 anni, ma già sapeva il fatto suo. "Quando ero piccolo, la mamma mi cantava sempre le canzoncine delle Zecchino d’Oro per farmi addormentare e certe volte mi raccontava che mentre era incinta di me e non poteva andare a lavoro, guardava alla TV "La prova del cuoco", quella delle "Tagliatelle di Nonna Pina". Ecco, quella era una cosa del "quando". Perché dopo che sono nato io, ha smesso di farlo. In pratica lo faceva soltanto "quando" io ero dentro la pancia. Così come studiare lo facciamo soltanto quando andiamo a scuola e la doccia vestiti quando il campo è fangoso ed il custode non ci vede. Prendere un diploma, trovarsi un bel lavoro, vivere una vita dignitose e magari essere felici invece sono cose del "sempre". Anche se al diploma in realtà non credo tanto. Anche tifare la Robur è una cosa del sempre, perché sono sicuro che lo farò per tutta la vita, senza smettere mai. Non mi piacciono le cose del "quando": le vacanze finiscono, i compagni di banco cambiano scuola e la fiera gastronomica in contrada dura troppo poco. Mi dicono tutti che ho gli occhi di mio padre e la bocca della mamma. Quella per fortuna è una cosa del "sempre". Anche il loro rapporto pensavo lo fosse. Ma poi sono rimasti insieme soltanto sul mio volto. Il fiore del biancospino è una cosa del "quando", ma la sua bellezza è una cosa del "sempre". Da grande vorrei tanto riuscire ad innamorarmi di una ragazza, in grado di trasformare una cosa del "quando" in una del "sempre".
Stordito, l’adulto guardò a lungo il ragazzo prima di girare nuovamente gli occhi verso la scarpata. E improvvisamente, mezzo nascosto dal buio, dalla erbacce e da altri cespugli, vide il bianco dei piccoli fiori aggrappati agli esili rami e tutto gli parve più chiaro, mentre una leggera brezza muoveva le fronde, disperdendo nell’aria qualche impalpabile petalo delicato. Incapace di replicare, nemmeno si accorse dell’amico che nel frattempo si era avvicinato all’auto. Il rumore della portiera che si apriva lo destò dai suoi pensieri. La voce di "Rimessa Laterale" frantumò il sottile vetro di silenzio che si era creato fra i due: "Gnamo si va a fa' perde questo campionato all’Alessandria!". Come se le parole dell’amico provenissero da un'altra dimensione, l’adulto avviò il motore e, dopo aver ingranato la marcia, partì, ansioso di raccontare tutto alla mamma del ragazzo. Anche lui, in cuor suo, sperava di riuscire a trasformare una cosa del "quando" in una del "sempre". E questa notte, riportandole il figlio, si sarebbe finalmente dichiarato.

Siena – Alessandria: 2 a 0. Dopo Livorno, s’è vinto (bene!) anche contro la prima. O adesso qualcuno mi spieghi perché si perse contro l’ultima! Non so se dovremo essere contenti per la buona prestazione e la bella vittoria, per i tre punti che ci allontanano ancora un altro pochino dalla zona rossa e per aver maledettamente complicato la stagione ai "simpatici" piemontesi o arrabbiati neri per tutte quell’altre sciagurate partite maldestramente scialacquate. Ce la facciamo a vincerne due di file (o anche tre magari)? Dai su: testa, gambe e cuore. Adesso lo sappiamo: per vincere occorre tutto il corpo.

Tutti uniti insieme avanzeremo.


Mirko

1 commento:

  1. Io QUANDO vengo,godo SEMPRE.

    El Cinico redivivo(dall'isola di Schicchi).

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