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mercoledì 15 novembre 2017

Il sospetto

Ai margini di una serata umida e noiosa, stretta fra un pomeriggio di pioggia e una notte ventosa, Dante, Maso e Pancino camminano mestamente verso casa, mani in tasca e bocche chiuse, dopo l’ennesima delusione casalinga del campionato della Robur. Il fine settimana è sembrato evaporare subito dopo il fischio finale di una partita letta male e interpretata peggio, come testimoniano i tre cambi contemporanei ed i venti minuti del secondo tempo giocati senza una vera e propria punta. Illuminati dai fari delle automobili, i tre uomini procedono silenziosi, ripensando alla conversazione di qualche giorno prima, quando all’interno del barre, tra insinuazioni e tranelli, era nato "il sospetto"...
"Chiudete le valigie amici, andiamo a Formentera", sbottò sarcastico Pancino al fischio finale di uno squallido Svezia – Italia 1-0, valevole per l’accesso ai Mondiali, parafrasando una celebre frase televisiva del tempo che fu, prima di sbattere con violenza il cellulare di Dante sulla superficie lucida del tavolino, il quale lo guardò torvo avanti di aggiungere:
"Nemmeno il Siena di Scazzola giocava male a questo modo! Direi che Simona Ventura abbia fatto proprio un gran bel lavorone!! Ma nel Pisa lo rimanderei io" e riprendendo il possesso del piccolo apparecchio ne controllò l’integrità dello schermo.
Qualche passo più un indietro, rivolto ad un tizio in tenuta mimetica verde militare, ma stando bene attento affinchè le parole arrivassero anche alle orecchie di Pancino, Maso esclamò sarcastico: "O vediamo se anche questa è colpa del Partito Democratico". Per poi ritornare a rivolgere l’attenzione al suo interlocutore. 
"Neanche in sala operatoria al posto dell’anestesia sarebbero buone queste partite", aggiunse tutto d’un fiato Rino, un ometto taciturno, con la testa rotonda e due piccoli occhietti neri neri, infermiere con trent’anni di orgoglioso servizio all’ospedale delle Scotte; concludendo la frase con una risatina satanica. Affaccendata nelle proprie faccende, Graziella guardava i suoi clienti - la nostra unica ricchezza, come le ripeteva di continuo suo padre - continuando a sistemare i bicchieri, immersa nei suoi ragionamenti da venerdì sera. Di tanto in tanto però pensava al biglietto del concerto di Renato Zero acquistato di fresco e custodito nella borsa, ripetendosi: "Dopo tanti anni passati qua dentro, a servire gottini e pulire i gabinetti, sarà la prima sera nella quale metterò il naso fuori Siena. E per una volta saranno gli altri a servire me". 
Appoggiata al bancone, una ragazza poco più che bambina cercava disperatamente di attrarre la sua attenzione, agitando un pacchetto di caramelle: "Graziella", la richiamò divertito Maso: "Lo vedi che questa citta ti vole pagare?".
La donna finì di caricare la lavastoviglie con le tazzine sporche e dopo essersi passata le mani sul grembiule macchiato come i caffè che serviva al mattino, si scusò: "O Lilla abbi pazienza, ero sovrappensiero! Un euro e 20".
Nel porgerle le moneta il cappotto della ragazza si aprì sul davanti, mostrando un meraviglioso rigonfiamento turgido all’altezza della pancia, parzialmente celato da un maglioncino grigio. Sorpresa, Graziella guardò la ragazza forse non ancora maggiorenne e con un misto di terrore ed eccitazione le chiese: "Ognuno convive con le proprie scelte, vero?".
Accarezzandosi la pancia, la giovane donna sorrise: "Sarà... A me le mie non pagano nemmeno l’affitto". E sorridendo, dopo aver chiuso un piccolo borsellino in pelle rossa, uscì dal barre, mentre dalla porta irrompeva una nuvola di nicotina bianca e densa, dispersa nell’aria dalla sigaretta di un fumatore solitario seduto fuori dal locale. Nel frattempo, all’interno la vita aveva ricominciato a scorrere nei binari di sempre ed il silenzio spettrale che aveva accompagnato gli ultimi minuti della partita adesso era soltanto un ricordo.
"Graziella, me la fai una mezza grappa e mi dai anche un mazzo di carte da scala?", chiese un tizio sulla settantina trincerato dietro uno spesso paio di occhiali da vista con la montatura rossa. "Ma dammele nuove stavolta, perché in quelle di ieri la donna di fiori era morta da vent'anni".
"Capirai", replicò la donna: "Tanto per perdere ti bastano quelle vecchie". E porgendogli una scatola di cartone gialla e verde con la scritta Modiano, gli versò il distillato profumato da una bottiglia trasparente, riempiendo per metà un piccolo bicchiere rotondo con il calice allungato.
"Maso, ma domenica sera ritorni allo stadio a portare male, o te ne stai qui al barre a leggere gli annunci delle lorde nell’ultima pagina del giornale?", chiese Pancino sorridendo, ancora tuttavia un po’ turbato dai fatti del mercoledì sera, nel quale la Robur aveva vinto 2 a 1 una partita contro la Pistoiese che lui non aveva "potuto" vedere.
"A proposito Pancino", replicò Maso con aria falsamente incuriosita ignorando la domanda. "Questa mattina guardavo le foto di Pistoia, ma noi non ci siamo in nessuna! O come mai secondo te?".
Una morsa di terrore attanagliò lo stomaco dell’amico, che incapace di rispondere qualcosa di sensato si girò verso Dante, implorandolo con lo sguardo di correre in suo aiuto. Il professore, senza scomporsi, si alzò in piedi e visibilmente irritato rispose, con un tono di voce che non ammetteva replica: "Perché c’hai guardato male, duro! Siamo in minimo due scatti invece. L’ho visto nel computer".
"Quello che succede qui dentro, rimane qui dentro", si erano detti scegliendo di entrare nel locale di lap-dance piuttosto che allo stadio, ricordò Dante fra sé e sé. E se prima erano tutti d’accordo, a che gioco stava giocando adesso Maso? 
Senza aspettare una replica, il professore continuò, rischiando il tutto per tutto: "Secondo me sei davvero te che porti male al Siena". E rivolto agli altri clienti: "Perché voi non lo sapete ma il Signor Maso, senza dirlo a nessuno, allo stadio c’era anche col Monza! E s’è visto com’è andata a finire! Ora ho capito come mai nei giorni del palio nel Bruco non ci vai mai; perché non ti ci vogliono: porti male".
Rosso in volto e visibilmente contrariato, Maso rispose immediatamente, ringhiando stizzito: "A parte il fatto che se vado o non vado in contrada sono fatti miei... Io porterò anche male, ma intanto l’altra sera c’ero e il Siena ha vinto 2 a 1. Se poi quel 7 sbaglia le reti da solo davanti alla porta, non venite a cercare me, andate da lui".
Soddisfatto, Dante guardò Pancino, muovendo impercettibilmente la testa in senso di assenso. L’amico sembrò rilassarsi immediatamente, mentre nel petto il cuore smetteva di battere all’impazzata. Sempre rivolgendosi a Maso, Dante continuò: "Allora, visto che l’altra sera nonostante la tua presenza s’è vinto lo stesso", e alzando poi le mani a beneficio di tutti gli altri avventori, fingendo una confessione: "E' vero, c’era, lo confesso, era seduto tra me e Pancino; domani vai e compri il biglietto per Siena - Pontedera. Poi vieni, si vince, ripaghi la pizza e tutto ritorna normale". E avvicinandogli le labbra all’orecchio sussurrò: "E questa storia finisce qui! Altrimenti si comincia a raccontare che porti male".
E il gelo che trasparì dalle parole di Maso spense nell’amico qualsiasi voglia di replica.
Due giorni più tardi, poco prima della mezzanotte, nelle teste dei tre amici una selva di emozioni si attorcigliano su loro stesse. Frustrazione, rabbia e delusione galleggiano indisturbate in un potpourri di pensieri, dove sfortuna e coincidenze sono soltanto tappe centrali di un percorso complesso, nel quale dal destino si arriva dritti al sospetto. L’accusa di portare iella adesso, buttata là soltanto per gioco, appare sempre più una profezia.
"Pane poro cane non ne ha presa una stasera! Quattro tiri, tre e goal e un palo. Se ci andavo io in porta facevo uguale", fa Pancino, parlando più a se stesso che agli altri.
"No perché i suoi compagni di reparto semmai hanno giocato benino", replica immediatamente Dante, sempre pronto a difendere i portieri. 
Maso invece sembra distante, lontano, rapito, sconnesso dalla realtà. Sa che i discorsi stanno a zero, che non può essere lui il motivo della sconfitta, che in realtà è solo una triste e dannata coincidenza. Eppure in qualche modo si sente responsabile: "La prossima volta vo al cinema a Sinalunga", pensa fra sé e sé, "oppure a vedere il Livorno". E staccandosi dai suoi compari, imbocca la via di casa in silenzio, senza salutare.

Siena - Pontedera 2 - 3. Terza sconfitta tra le mura domestiche e seconda contro una squadra amaranto. Fra quindici giorni arriva l’Arezzo e se penso al colore delle loro divise, non mi sento per niente tranquillo. Perdiamo una partita per volerla vincere a tutti i costi, senza nemmeno provare a pensare all’opzione di accontentarci del pari, esattamente come contro il Livorno sette giorni fa. Magari se fossimo stati meno frettolosi, adesso avremmo due punti in più noi e due in meno il Livorno. Nella storia di una stagione forse sono proprio le piccole differenze a far diventare importanti i campionati. Ma purtroppo del senno di poi son piene le fosse.

Tutti insieme uniti avanzeremo.


Mirko

1 commento:

  1. .....che portano male l'ho già scritto.
    Che per una voltaccia "vadino"davvero al Multisala??
    Oppure anche a lorde,va bene uguale,basta non se ne riparli prima dell'Arezzo altrimenti la Robur riperde per la quarta volta in casa e "l'amico di tutti" Mignani(+ fidanzato accanto a lui)magari rischia la panchina.

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