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giovedì 28 dicembre 2017

La fine dell'attesa

Ogni anno che passa, perdiamo qualcosa. Persone, certezze, emozioni. E purtroppo non facciamo niente per impedirlo. Come tanti Pollicini, lasciamo per strada frammenti di memoria, in modo da poterli ritrovare quando capiremo di averne abbastanza degli estratti conti arrivati per posta, della nuvole cariche di pioggia, dei semafori rossi e decideremo di tornare indietro. Forse è proprio a questo che servono i ricordi: a tornare indietro. 

Come una scena dimenticata di un film già visto, aspettiamo che la fine partorisca l’inizio, sperando che l’indomani possa nascondere una novità. O un obiettivo. Tutti hanno bisogno di un bianconiglio da inseguire, per sentirsi più vivi e meno soli. E non importa se esso sia un traguardo da raggiungere, un chilo da perdere o un campionato da vincere: ognuno di noi, nel suo piccolo, necessita di un qualcosa, qualsiasi cosa, in grado di tenerlo sveglio. L’anno sta finendo: chiudete gli occhi ed esprimete un desiderio. Ma attenzione, non fatelo ad alta voce. Altrimenti va a finire che non si avvera. E magari in futuro, sotto l’albero trovate più niente.
Smettere di credere a Babbo Natale è un po’ come perdere i capelli. Non accade di colpo, ma giorno dopo giorno, lentamente. Piano piano il dubbio comincia a farsi strada tra le tende pesanti della coscienza. E nonostante ieri andasse tutto bene, oggi per la prima volta percepiamo un cambiamento. Un brivido percorre la schiena, dall’alto in basso. Mentre i peli dietro la nuca si rizzano elettrizzati dall’adrenalina pompata nelle vene. Ad ogni colpo di spazzola avvertiamo il dilagare di uno strano senso di disagio perché ai lati della fronte sono comparse due piccole stempiature. E anche se in realtà sono lì da mesi, soltanto adesso riusciamo a vederle. Ma sì dai, forse quel signore vestito di rosso, che ieri sera è venuto in casa, con la sacca di tela grezza colma di regali, era soltanto il vicino nascosto dietro una barba finta. L’età della spensieratezza è finita da un pezzo e a noi non resta che scegliere: crescere o restare bambini? 
Viste dal giorno dopo, le decorazioni luminose appese alle terrazze sembrano annaspare in un mondo che lentamente prova a tornare alla normalità. Nel buio paiono stonate e tristi, come trovare una tuta dentro al regalo di Natale e fare finta di sorridere, che tanto è uguale. Ogni anno che passa, perdiamo qualcosa. È sempre buio dove non c’è luce? Dopo aver vinto a Lucca, avremo ancora il coraggio di salire in cima alla collina per provare a guardare oltre la pianura? Il girone di andata è volato via veloce. Come quei fine settimana d’estate trascorsi al mare. Anche dicembre è arrivato agli sgoccioli.
Alla fine di ogni anno abbiamo lettere di buoni propositi lunghe come contravvenzioni. Da qualche parte, in camera, ce ne dovrebbe essere un cassetto pieno. Il bianconiglio lancia l’esca e scappa. Sicuro che presto qualcuno lo seguirà. Credo che i dolci mangiati per le feste siano la giusta ricompensa per tutti i bocconi amari ingoiati durante l’anno, come se abbuffandoci di panforte potessimo compensare il lungo letargo emozionale appena vissuto. Forse sarà per questo motivo che adoro riempire di schifezze il carrello della spesa, anche se non ho mai capito cosa abbiano di diverso gli Smarties dalle M&M. Entrambi in fondo, sono piccoli confetti di cioccolata ricoperti da un sottile strato di glassa colorata. Eppure, ne sono certo, non sono perfettamente uguali. Certo, il McFlurry agli Smarties sarà l’unica cosa che continuerò ad acquistare da Mc Donald’s, ma questo non vuol dire che se un giorno lo proponessero anche agli M&M - magari quelle grosse, con la nocciola intera - non passa cambiare idea. Dicono che rivedere le proprie posizioni sia una virtù dell’uomo saggio, no?
Credo che uno di questi giorni mi regalerò un orologio, per omaggiare il tempo trascorso ad aspettare. Anche perché, diciamocela tutta, nella vita non facciamo altro. E aspettare è l’unica cosa che ci riesce bene. Aspettiamo vittorie, donne e sogni. Aspettiamo risultati, treni e vacanze. E dopo ogni traguardo ci ricordiamo che la soddisfazione sta proprio nell’attesa. Vivere è un po’ come aspettare di invecchiare. Restiamo impalati a fissare il cielo nelle notti di agosto, nella speranza di veder passare una stella, perché aspettare e sperare sono due colori della stessa tavolozza. E la sera del due luglio, fissiamo attoniti la mossa, mentre sulla piazza cala il silenzio. E poi alla domenica attendiamo il fischio di inizio della partita, protetti dentro la maglia di Pinga, come se quel 10 sulla schiena ci rendesse immortali. A fine primavera aspettiamo che la bidella esca dalla sala insegnanti con i quadri sottobraccio. Aspettiamo silenziosi di fronte ad un telefono, e nell’attesa che squilli ascoltiamo canzoni. Sforzandoci di imparare i testi a memoria. Aspettiamo talmente tanto che a volte non riusciamo nemmeno a capire quando arriva il momento giusto. 

Così, soltanto venti anni dopo realizziamo che quel giorno del ‘99, mentre lo stadio impazziva di gioia dopo il goal di Gil Voria, era finalmente giunta l’ora di smettere di aspettare e cominciare finalmente a vivere. Come se tutto il passato non fosse mai esistito e il futuro non avesse poi una grande importanza. Come se, per essere felici, ci rimanesse soltanto quel briciolo di presente. Era il 19 di dicembre dell’ultimo anno del secolo e, senza preavviso, da zucca ci trasformammo in carrozza. Chissà, forse fu soltanto un caso o magari dicembre ci porta bene, ma in quella occasione bastò un colpo di testa per cambiarci la vita.

Lucchese - Siena 1-4: bello, secco e rotondo. Né alibi, né recriminazioni. La legge del più forte applicata con certosina precisione. Vorrei vivere così!

Siena - Pisa: è giunto il momento. Sta a noi farlo diventare il nostro momento. Si rigioca alle 14.30 una partita che sa d’altri tempi. In palio forse c’è soltanto la seconda posizione, anche se dalle nostre parti non è proprio un piazzamento ambito. Tuttavia siamo di fronte all’ennesimo bivio della nostra stagione. Avanti piccola Robur, segna un altro goal, conquista la vittoria!

Tutti uniti insieme avanzeremo.


Mirko

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