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martedì 23 gennaio 2018

Punto

Punto di partenza: piano piano stiamo crescendo. E questo è un dato di fatto. Basta guardare la classifica per farsene una ragione. Non sappiamo ancora se diventeremo grandi, ma la strada sembra buona. Sferzati da un vento impetuoso, ci lasciamo guidare verso mete ambite e traguardi agognati. Spira il vento e torna la voglia di sognare.
Era dal 2-0 rimediato a Gualdo una vita fa, durante quell’orribile campionato di Serie D, necessario per toglierci di dosso le macchie lasciate da altri e controvertere un destino beffardo e maligno, che non ricordavo una corrente così intensa. Tuttavia, a differenza di quella volta in terra umbra, oggi torniamo a casa con tre punti nuovi di zecca da depositare in classifica. 
Nel 2001 Noir Desire regalava al mondo un piccolo grande capolavoro musicale, dal titolo di "Le vent nous porterà" e noi, in piena sviluppo tardo adolescenziale, ci innamorammo di quel vento, che scompigliava i capelli, sollevava le gonne e faceva sventolare le bandiere. Adesso che siamo diventati adulti, invece, ci lasciamo inconsapevolmente guidare dal vento all’interno di un pomeriggio vittorioso, nel quale è necessario compiere una grande rimonta per avere la meglio sull’avversario. Come vincere un palio partendo di rincorsa.
Punto nel vivo. Che vince prende tre punti, chi perde… punti. Pronti e via e perdiamo 1-0. Nemmeno il tempo di provare ad acquistare la partita (nel senso legale del termine) che siamo già in svantaggio. Dietro la nuca fischia un vento gelido e sinistro. Il fantasma di Cuneo aleggia sul nostro umore, mentre l’orologio inizia a girare all’impazzata, come tutte le volte in cui si va sotto, mentre, chissà perché, quando si vince il tempo non passa mai. Osservo lo schermo con la stessa espressione di incredulità di un Leonardo da Vinci costretto a cambiare la password del telefono e come lui mi scervello a cercare un perché, ma non riesco proprio a farmene una ragione. La Sardegna è lontana. Dall’altra parte del mare. Dalla mia scrivania mi sento inutile. Immagino altri centinaia di cuori bianconeri nello stesso mio stato: chi bestemmia e chi prega. È buffo pensare che in fondo, nel bene o nel male, sempre a Dio occorra rivolgersi. Tutti insieme chiudiamo gli occhi, certi che il vento ci indicherà la strada.
Punto di sutura. Ci vorrebbe una reazione. Una spinta dal basso. Una scossa che inverta la rotta. Il sole splende e nel cielo azzurro si rincorrono nuvole color dentifricio a forma di batuffolo. La ferita brucia. Occorre disinfettarla velocemente, per impedire qualsiasi tipo di fastidiosa complicazione. Anche perché davanti scappano e dietro pressano. E noi nel mezzo, in balia del vento. Un'azione come tante: calcio d’angolo per noi. Nel silenzio dello stadio i cori dei diciotto eroi bianconeri sugli spalti si mischiano al rombo delle auto in tangenziale. Vista da gennaio, l’italica Isla Grande deve essere proprio un posto triste, con tutte quelle pizzerie chiuse e quei chilometri di costa deserta. E poi il mare, gelido e celeste, come gli occhi di quella ragazza di scuola, della quale m’innamorai perdutamente senza essere mai ricambiato. E non rivelarle il mio amore fu l’unico modo per non perderla per sempre. La palla sale in cielo, disegnando una parabola rotonda, prima di puntare morbida verso terra. Qualcuno la incoccia con la testa; forse un difensore proiettato in attacco. Un altro difensore invece corregge ulteriormente la traiettoria ed il gioco è fatto. Goal! 1-1. La ferita fa ancora male, ma perlomeno adesso ha smesso di sanguinare. Nemmeno il tempo di alzare le mani che è già ora di riportare il pallone al centro del campo. Mi sono sempre piaciute quelle scene da amatori a 7, durante le quali l’attaccante si fionda verso la porta a recuperare il pallone per tentare di strapparlo dalle mani del portiere. Con il pubblico pronto a prendere le difese del primo o del secondo, a seconda dei colori sulla maglia. Ma al 20° minuto è troppo presto per litigare. 
Si ricomincia, ma il vento continua a soffiare. Adesso il cronometro gira un po’ più lentamente. Abbiamo una vita davanti per trovare il raddoppio. Il cuore smette di battere all’impazzata e dalla testa si allontano quei brutti ricordi di Gualdo, nei quali il coro "Siena Siena" strabordava dalle mura del piccolo stadio. Arzachena sa di protagonisti insperati: Guerri all’andata e D’Ambrosio al ritorno. La vita è così: strana e imprevedibile.
Punto: game, set, match! Se fossi uno skipper, con un vento del genere, aprirei lo spinnaker. Ma cose volete che ne sappia io di vela... Per me Spinnaker è soltanto il nome di un elegante locale del porto e poi la barca mi dà problemi di stabilità. Meglio la terra ferma. Sono un lupo di collina, io: con la nebbia nelle ossa e la sete nei cromosomi. Come il vento, attacchiamo a folate. Da una di queste la bellezza relativa si fonde con quella assoluta, dal genio di Guberti nasce una traiettoria preziosa. Roba da altre categorie, dicono tutti. Come una pecora nera in un branco di pecore bianche, riconosciamo subito quello diverso, che forse è qui più per caso che per altro. La palla parte veloce, portandosi dentro tutta la fottuta voglia di riscatto stipata del cuore di chi la insegue. Il difensore arranca mentre l’attaccante lo supera. "Con il mio 20, ero venuto a Siena per fare tanti goal", deve aver pensato il nostro Neglia, mentre prendeva la mira. "Ed invece eccomi qua, sulla bocca di tutti, ma dalla parte sbagliata". Tiro, palo interno, goal. 1-2. La palla accarezza la rete. Adesso il tempo pare fermarsi. Ancora una volta, Arzachena, che fa rima con Siena, sa di rimonta. Ma questa volta il protagonista è quello giusto. Dopo l’intervallo i minuti scivolano via veloci, mentre in lontananza, dietro all’Isola di Tavolara, comincia a farsi largo la notte. Verso occidente invece, il tramonto sembra aspettare il novantesimo minuto, curioso di vedere come andrà a finire la contesa. Tra un sospiro e uno stolzo arriva il 90°, ancora cinque minuti ci separano dall’ennesima vittoria extra moenia della stagione. Palla lunga, colpo di vento e l’immancabile brivido. Poi i tre fischi. In perfetta sincronia sulla tabella di marcia, mettiamo il punto a questa partita. Anzi, ne mettiamo tre.
Arzachena - Robur Siena: dopo l’ennesimo trionfo esterno, credo sia giunto veramente il tempo di tornare a riempire lo stadio. Anche perché, se non lo facciamo adesso, quando lo dovremo fare?

Piacenza - Siena (recupero): se ogni occasione è buona per rosicchiare qualcosa a chi ci sta davanti, aumentare la pressione e togliergli certezze, questa è una di quelle da non farsi scappare. Dai Robur: è questo il momento di affondare la lama nelle carni di chi c’ha relegato in questa tetra dimensione. Adesso conta un po’ di più.

Tutti insieme uniti avanzeremo.


Mirko

1 commento:

  1. La Mammina fescion del video "Le vent nous portera"l'avrei proprio trombata volentieri,anzichenò.
    Mentre quel mostro di bambino erigeva il suo castello di sabbia io,nascosto dietro una duna birichina,l'avrei fatta mia.
    E,al momento del coitus(non)interruptus,avrei sicuramente perso il controllo dello sfintere,cagionando una pronta "curreggia"...il famoso vento che ci porterà.

    E.C.

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